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Mercoledì, 29 Luglio 2020 13:12

La SIMG e le malattie rare

 
 
 
 
a cura della Segreteria Organizzativa Nazionale SIMG - Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

domenica 1 marzo 2015

La SIMG e le malattie rare

 
 
Le malattie rare costituiscono uno straordinario banco di prova di efficacia e di efficienza per il Sistema Sanitario Nazionale, ma lo sono ancor di più per il medico di famiglia nel suo approccio umano al paziente e nella sua professionalità competente.
 
 
Le malattie rare offrono importanti criticità in tutto l’arco del loro iter curativo: 
-  diagnosi > ci vogliono in media 3-5 anni per giungere alla diagnosi e non è raro raggiungere i 7 anni
- terapia > sono malattie croniche, ingravescenti, in pochi casi dispongono di una terapia farmacologica che spesso è classificata come orfana
- assistenza > la cronicità e l’ingravescenza delle malattie rare complicano la definizione di politiche sociosanitarie)
-  controllo della malattia e delle complicanze 
- presa in carico > l’invalidità e la disabilità, componenti frequenti nelle malattie rare, pongono problemi complessi e diversi nell’età pediatrica ed adulta.
 
 
Pur con sporadiche eccezioni, alle criticità segnalate si aggiunge la mancanza di informazioni e di strumenti utili per aiutare il medico di famiglia sia nella sua formazione sia nel suo quotidiano lavoro con i pazienti. Lacune che rendono impossibile un’efficace presa in carico del paziente da parte del medico di medicina generale con esiti gravi, soprattutto in considerazione delle peculiarità delle malattie rare di condizionare completamente la qualità di vita delle persone colpite e di esigere un approccio necessariamente multidisciplinare ed olistico.
 
Nel mondo anglosassone, dove la medicina generale è materia di insegnamento universitario con la stessa dignità di qualsiasi altra branca specialistica, essa viene definita come la disciplina medica che offre una assistenza continua, completa ed orientata alla prevenzione a livello comunitario. Nel nostro panorama sanitario nazionale il medico di famiglia è una delle poche figure professionali in grado di vedere soggetti sani, dal momento che in un anno viene contattato dal 75% circa dei suoi pazienti e dal 100% circa in 3 anni, e che mediamente un assistito si reca da lui circa 5 volte l’anno.
 
Ne deriva che il medico di famiglia occupa una posizione strategica nella diagnosi precoce di malattia rara. Dovrebbe essere, inoltre, il case manager, ovvero l’operatore che si fa carico di tutte le esigenze della persona assistita, intervenendo anche nei rapporti con la famiglia, le istituzioni, il personale sanitario, ecc. Al medico di famiglia non dovrebbe sfuggire nulla dello spettro fenomenologico presente nei suoi pazienti. La sua cultura dovrebbe consentirgli di riconoscere, definire e trattare, tutto quanto meriti di essere riconosciuto, definito, trattato.
 
Ciò nonostante a fare diagnosi sono soprattutto gli specialisti in più di 8 casi su 10, mentre i medici di medicina generale ipotizzano una malattia rara solo nel 4,2 % dei casi (i pediatri nel 16,75), pur sapendo che tra i 1500 assistiti di un medico di famiglia vi dovrebbero essere dai 4 agli 8 pazienti con malattia rara.
 
Anche quando la diagnosi viene effettuata da un centro di riferimento, spesso è il paziente stesso che funge da raccordo con il proprio medico, riportando i contenuti della comunicazione e nello stesso tempo ponendo domande su prognosi e prospettive terapeutiche.
 
Tutto ciò denota una totale mancanza di informazioni e di strumenti utili per aiutare il medico di medicina generale sia nel suo percorso formativo, sia nel suo lavoro quotidiano nei confronti di tali pazienti.
 
Obiettivo di un efficace ed efficiente SSN dovrebbe essere quello di far crescere nei medici di famiglia la cultura delle malattie rare per migliorare le risposte assistenziali e di conseguenza la qualità di vita dei propri pazienti. Andrebbero quindi colmate sia le carenze informative (normativa vigente, centri di riferimento locali, diritti all’esenzione ticket), sia carenze formative (SIMG - ECM – ASL – industria farmaceutica) che porrebbero il medico di famiglia a ricoprire quel ruolo di indirizzo ad un centro specialistico al primo sospetto, e di tramite tra centro e paziente e di garanzia della continuità assistenziale.
 
Già da alcuni anni la SIMG, in collaborazione con UNIAMO (la federazione delle associazioni malattie rare) e Farmindustria, sta sviluppando percorsi formativi per MMG in tutte le regioni italiane e nel corso del 2015 vedrà l’ulteriore sviluppo del progetto “Conoscere per assistere” con il coinvolgimento anche di altre società scientifiche specialistiche. 
 
Tutto ciò potrà avvenire solo attraverso un movimento di sensibilizzazione e di corretto indirizzo sul tema e sui problemi delle malattie rare, attraverso una reale, efficace ed efficiente collaborazione tra il medico di famiglia, gli specialisti e le associazioni dei pazienti (questi ultimi utile cerniera tra il medico ed il paziente ma anche supporto informativo ed orientativo per i medici nel loro lavoro).
La sfida e l’obiettivo che accomuna e unisce pazienti, professionisti ed erogatori di prestazioni è garantire la migliore risposta nel momento del bisogno.
 
Gaetano Piccinocchi
S.I.M.G.
Società Italiana di Medicina Generale